Biova, la birra realizzata dal pane di scarto, buona due volte
“Recuperiamo il pane, brindiamo al mondo” è questo il motto di Biova, un progetto che trasforma il pane in eccedenza, destinato a diventare materiale di scarto, facendolo diventare qualcosa di più, riducendo in questo modo lo spreco alimentare e trasformandolo – infine – in un’ottima birra, acquistabile su Gioosto e disponibile in tre tipologie: classica, integrale e leggera.
Abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con Emanuela Barbano, la figura che si cela dietro il progetto e che ha deciso di “bersi lo spreco” con un bicchiere di birra.
“Tutto è nato nel 2019 con la fondazione di Biova” – racconta Emanuela – “Ma i primi esperimenti li avevamo iniziati nel 2018 coinvolgendo un mastro birraio e recuperando il primo pane di scarto, da lì subito abbiamo capito che si trattava di un progetto interessante che volevamo assolutamente continuare”.
Sul collo di una bottiglia di Biova scorrono tantissime realtà che hanno deciso di lanciarsi in questa sfida, ognuna mettendo a disposizione le proprie risorse ed energie per trasformare quello che la produzione sfrenata e la società vogliono ogni giorno etichettare come “scarto”:
PS: Ti ricordiamo che la Birra Biova è acquistabile sul nostro Ecommerce Etico a questo link.
“io e Franco (l’altro socio di Biova Ndr.) già sapevamo che si poteva fare la birra dal pane, non restava che coinvolgere dei partner e noi li abbiamo trovati in Panacea, una Social Farm che da oltre dieci anni fa dell’inserimento lavorativo la sua missione principale, oltre al creare il pane più buono ed etico del mondo”.
Anche Panacea, del resto, lavora in maniera etica: filiera corta, farine biologiche, rispetto del territorio e grande cura per le persone che lavorano al forno, non poteva altro che essere il partner perfetto per Biova.
I numeri di Biova fanno davvero ben sperare chi ogni giorno vuole ridurre gli sprechi: da 150 kg di pane recuperato si producono 2500 litri di birra (detta “cotta”), dai quali si ottengono più di 7575 bottiglie da 33 cl. Contestualmente viene risparmiato all’ambiente l’immissione di ben 1365 kg. di CO2.
Il tutto viene realizzato con pane che, solitamente, viene dato al “macero” e la ricetta è semplice e rispetta il ciclo produttivo della classica birra che solitamente viene ottenuta con orzo maltato, lievito, luppolo e acqua: “noi togliamo il 30% del malto” – spiega Emanuela – “e mettiamo del pane, sostituiamo semplicemente un cereale con un altro cereale”.
Il futuro non si ferma per Biova e sarà sempre all’insegna del recupero in un’ottica circolare, infatti “stiamo sperimentando un prodotto fatto a sua volta dal nostro scarto di birrificazione, con la trebbia, un cereale esausto, dopo vari esperimenti abbiamo capito come trattare questo scarto, proporremo prodotti panificati, snack per la precisione, ma per ora non posso dirti di più”.
Chiudere il cerchio, dal pane di scarto alla birra e dallo scarto della birrificazione di nuovo alla panificazione per non fermare mai l’economia circolare.
E agli scettici Emanuela risponde: “Non vogliamo solo fare qualcosa che riduca drasticamente lo scarto, ma soprattutto che sia buona da bere e la nostra è buona due volte”.