Quando le donne detenute imparano un mestiere che le porterà lontane dalla criminalità
Donne e carcere, cosa sappiamo di questo complesso binomio? Probabilmente poco, ma alcuni dati ci possono venire in aiuto.
In Italia solo il 5% delle persone recluse sono donne. Numeri bassi ma che non possono assolutamente comportare una bassa attenzione a questo ambito.
Donne e carceri, i dati
In termini assoluti, stando alle statistiche ufficiali, le donne detenute sono poco meno di 2.800 su una popolazione carceraria di oltre 56000 persone.
Solo un quarto delle detenute ha modo di scontare la propria pena in uno dei quattro istituti esclusivamente femminili presenti nel nostro Paese: Trani, Pozzuoli, Roma-Rebibbia e Venezia-Giudecca.
Il restante 75% di detenute si trova all’interno della circa cinquanta sezioni femminili presenti presso le carceri maschili, dislocate in quasi tutte le regioni italiane.
Anche per le donne, così come per gli uomini, ci sono problemi di sovraffollamento.
Un esempio? A Pozzuoli vengono ospitate 153 detenute a fronte di 107 posti disponibili, ma anche Rebibbia ha problemi simili, contando le 337 presente per una capienza regolamentare di 266 unità.
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Scarica l'Ebook GratuitoLe peculiarità del carcere al femminile: la presenza dei bambini
Ci sono poi questioni che riguardano in modo esclusivo la detenzione femminile, in primis quella relativa alla presenza dei bambini al seguito delle madri detenute.
Qui si scontrano temi e battaglie sociali, dal diritto delle detenute a svolgere con dignità e mezzi idonei il loro ruolo di madri e il diritto dei bambini di crescere insieme alla propria madre senza dover passare i primi anni di vita (età delicatissima per la formazione di un essere umano ndr) all’interno di un ambiente insalubre come quello degli istituti penitenziari.
I numeri ci raccontano di 41 i bambini conviventi in istituto con le proprie mamme, (alcune di loro con più figli) oltre a diverse altre donne carcerate attualmente incinte.
Il reinserimento sociale nelle carceri
Se da un lato lo Stato, come istituzione, è carente, fortunatamente esistono le cooperative per detenuti che giocano un ruolo importantissimo per dare dignità e garantire un futuro a donne e uomini che, pur sbagliando, reclamano il diritto a non essere cancellati e brutalizzati dalla società.
Una di queste è la Cooperativa Sociale Lazzarelle, una cooperativa di sole donne nata nel 2010 per proporre prodotti da carcere caratterizzati da primissima qualità e politiche green, come il caffè artigianale realizzato seguendo la solidissima tradizione napoletana, all’interno del più grande carcere femminile, quello di Pozzuoli.
Da chi è composta la cooperativa Lazzarelle
Nella cooperativa lavorano donne detenute che hanno scelto di essere protagoniste del proprio cambiamento.
Una scelta che sottende alla volontà di impegnarsi attivamente in un’impresa tutta femminile in grado di valorizzare gli antichi saperi artigianali così come di generare inclusione sociale.
In circa 12 anni si sono avvicendate 70 donne, ognuna con la propria storia fatta di dolore, errori e voglia di riscatto.
Molte di loro, prima di lavorare presso la cooperativa Lazzarelle, non avevano mai avuto un regolare contratto di lavoro. Qui hanno avuto l’opportunità di imparare un mestiere, ma anche di acquisire coscienza dei propri diritti e delle proprie possibilità.
I prodotti della cooperativa Lazzarelle
Il caffè Lazzarelle è prodotto senza aggiunta di additivi, rispettando i tempi naturali di preparazione indicati dall’antica scuola partenopea.
Le confezioni di caffè sono in materiale plastico, senza alluminio, in modo da poter essere riciclate in modo semplice attraverso la raccolta differenziata.
Questa preziosa miscela nasce dalla fusione di due anime che attendevano solo di essere valorizzate al meglio: le donne detenute e i piccoli produttori di caffè del sud del mondo.
Nel tempo la cooperativa per detenute ha aggiunto alla produzione di caffè anche quella di tè, infusi e tisane. Tutti prodotti di alta qualità, nati da scelte attente e sostenibili.